Un minimo di attenzione è opportuno riservare anche al modo con cui gli accenti dovevano essere pronunciati dagli antichi, non tanto per riproporre a ogni costo la pronuncia storica nella nostra lettura del Greco, quanto piuttosto per correttezza e completezza.
Sarà utile ricordare che gli antichi non avevano l'abitudine di contrassegnare le vocali accentate con un segno che indicasse la collocazione dell'accento, a parte rari casi in cui l'aggiunta di un accento poteva risultare utile allo scopo di evitare ambiguità. Ce lo conferma l'analisi di papiri ed epigrafi. D'altra parte lo stesso discorso vale anche per gli spiriti, i segni di interpunzione e per gli spazi separatori tra parola e parola. L'abitudine sistematica di segnare l'accento su ogni parola prende origine dal μεταχαρακτηρισμός, come dire dalla trascrizione dei testi classici che in età bizantina fu realizzata proprio con il criterio di fissare con chiarezza quanto si poteva ancora dare per certo della pronuncia praticata nell'età classica, evitando i dubbi derivanti dal fatto che la pronuncia, nel corso dei secoli, si era allontanata di molto da quella degli antichi.
Non ci deve meravigliare il fatto che, escluse le enclitiche e le proclitiche, nella grafia attuale tutte le parole del Greco siano provviste di accento. In realtà anche nelle altre lingue ogni parola a sé stante è pronunciata con un accento su una delle sillabe di cui risulta composta, indipendentemente dal fatto che tale accento sia indicato nella scrittura. La lingua italiana per esempio prevede l'obbligo di indicare l'accento solo sulle parole tronche polisillabe (es. città, perché, andò, ecc...). Ma anche le altre parole vengono pronunciate con un accento. Basti pensare alla differenza tra áncora (sostantivo) e ancóra (avverbio) la cui pronuncia è comunque ben diversa anche quando l'accento non è segnato.
Circa il modo con cui gli accenti dovevano essere fatti sentire nella pronuncia, molti indizi ci fanno supporre che le cose andassero in questo modo:
L'accento acuto (in greco ὀξεῖα προσῳδία), come suggerisce il termine stesso, doveva essere pronunciato su un'intonazione più acuta rispetto alle sillabe non accentate. Per farti un'idea ascolta un esempio cliccando sulla parola ἄνθρωπος . Al nostro orecchio l'effetto appare a dir poco strano. Ciò dipende dal fatto che il nostro modo di far sentire gli accenti tonici delle parole è diverso da quello degli antichi: per noi l'intonazione della vocale accentata è meno importante, visto che noi siamo soliti far sentire gli accenti allungando inconsapevolmente la durata della sillaba su cui cade l'accento. Per rendertene conto, immagina di pronunciare in modo scorretto la parolatavolo facendo durare la sillaba vo più a lungo delle altre due. La sensazione sarà quella di aver collocato l'accento proprio sulla sillaba vo, indipendentemente dall'intonazione di voce con cui è pronunciata ciascuna delle tre sillabe. Gli antichi invece mantenevano ben distinto l'accento tonico dalla durata ed erano in grado di distinguere chiaramente, nella pronuncia e nella percezione delle parole pronunciate, sillabe lunghe accentate, sillabe lunghe non accentate, sillabe brevi accentate, sillabe brevi non accentate. È questo il motivo per cui, quando recitiamo metricamente dei testi poetici greci rispettando la durata delle sillabe, noi abbiamo la sensazione di spostare talvolta gli accenti dalla loro naturale collocazione, facendoli sentire sulle sillabe lunghe anche quando su tali sillabe non cade l'accento tonico della parola. Gli antichi non provavano certamente questa impressione che invece condanna noi moderni a sentire la lingua poetica degli antichi come espressione artefatta e innaturale.
L'accento circonflesso (in greco περισπωμένη προσῳδία, come dire accento stiracchiato) si faceva sentire pronunciando la vocale interessata su due diverse intonazioni: ad un'intonazione acuta nella parte iniziale doveva seguire un'intonazione non acuta nella seconda parte. Ricorda a questo proposito che l'accento circonflesso cade solo sulle vocali lunghe che, in quanto tali, hanno la durata di due sillabe brevi. D'altra parte una vocale con accento circonflesso è in ultima analisi il risultato della contrazione tra vocale accentata e vocale non accentata oppure tra vocale accentata e dittongo. Per avere un'idea di come dovevano essere pronunciate le vocali con accento circonflesso ascolta l'esempio costituito dalla parola δῆμος.
Per quanto riguarda l'accento grave (in greco βαρεῖα προσῳδία), si ricorderà che esso si colloca esclusivamente e obbligatoriamente nelle sillabe finali di parole non seguite immediatamente da interpunzione. Probabilmente si tratta solo un modo diverso di scrivere l'accento acuto. È difficile infatti stabilire se in tali situazioni la diversa grafia fosse determinata da una diversa pronuncia della sillaba accentata. Dal punto di vista pratico ricorda che i vocabolari e le grammatiche segnano sempre l'accento acuto sull'ultima sillaba nel riportare tutti i lemmi ossitoni. Ma nei testi tutte le parole ossitone sono scritte con accento grave, a meno che non siano seguite immediatamente da interpunzione. È questo il motivo per cui la parola più frequente in greco, e cioè la congiunzione καί = e in realtà è quasi sempre scritta con accento grave: καὶ.
Tieni presente infine che nei casi in cui l'accento cade su un dittongo, l'accento si scrive sulla seconda delle due vocali, ma si pronuncia sulla prima.