Dal greco πρός = per, verso + ᾠδή = canto, il termine prosodia è comunemente utilizzato per indicare l'insieme delle regole che permettono di stabilire, in una serie di sillabe, la durata di ciascuna di esse. Naturalmente la conoscenza di queste norme risulterà utile soprattutto allo scopo di comprendere la struttura metrica di un brano poetico.
Essere in grado di stabilire la durata della serie di sillabe consecutive che costituiscono un verso permetterà di stabilire il suo schema metrico e di giungere ad una sua corretta recitazione ritmica.
Ecco di seguito le operazioni da eseguire per poter giungere alla corretta analisi prosodica di un verso. A titolo di esempio utilizzeremo il primo verso del De rerum natura di Lucrezio:
Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas
- Bisognerà innanzitutto predisporre il testo in vista di una corretta suddivisione in sillabe dell'intero verso. Si tenga presente che nella recitazione di un verso, esattamente come accade nel normale parlato, tra una parola e quella successiva si fa sentire una pausa solo se essa è imposta dalla segmentazione del periodare o da un particolare effetto espressivo suggerito dal testo. Se vogliamo renderci conto di questo, osserviamo attentamente come pronunciamo nella realtà le parole con pochi amici: in realtà ci renderemo conto che, proprio in conseguenza dell'accostamento tra parole che operiamo inconsapevolmente, noi pronunciamo compochi... e non con pochi... In ogni caso, in vista di una corretta analisi prosodica, il verso dovrà essere preventivamente compattato e trattato come un'unica parola, eliminando gli spazi separatori e i segni di interpunzione.
Aeneadumgenetrixhominumdivomquevoluptas
Si deve poi tener presente che sia il latino che il greco prevedono l'uso di consonanti doppie che dovranno essere preventivamente sostituite con le consonanti semplici di cui esse risultano formate:
|
Consonante doppia |
Componenti |
Greco |
ζ |
δ + σ |
ξ |
κ + σ |
ψ |
π + σ |
Latino |
x |
c + s |
z |
d + s |
Avremo quindi:
Aeneadumgenetricshominumdivomquevoluptas
- Procediamo quindi alla divisione in sillabe:
Ae-ne-a-dum-ge-ne-tric-sho-mi-num-di-vom-que-vo-lup-tas
- A questo punto cercheremo di assegnare alle singole sillabe il valore di lunga o breve, tenendo presenti i seguenti criteri:
- Le sillabe chiuse, cioè quelle che terminano in consonante, sono sempre lunghe;
- Le sillabe contenenti un dittongo, sono sempre lunghe; quindi avremo
Aē-ne-a-dūm-ge-ne-trīc-sho-mi-nūm-di-vūm-que-vo-lūp-tās
- Le sillabe aperte, cioè le sillabe che terminano in vocale, hanno la durata della vocale stessa.
- Per determinare il valore delle sillabe aperte, se l'abitudine alla lettura metrica e la pratica della lingua poetica non ci suggerisce immediatamente il valore delle diverse sillabe, potremo seguire due diversi criteri, eventualmente utilizzandoli entrambi nei casi in cui uno solo dei due non ci permettesse di determinare la quantità di tutte le sillabe:
- Stabilire la quantità delle singole sillabe ricorrendo a un criterio linguistico, consultando un vocabolario se la sillaba appartiene al tema di una parola; se invece si tratta di una sillaba appartenente ad una desinenza si terranno invece presenti i valori riportati nella pagina dedicata alla quantità delle sillabe desinenziali;
nel verso che abbiamo scelto come esempio un qualsiasi vocabolario ci suggerirebbe il valore delle sillabe aperte dei lemmi interessati: Aenĕădes, gĕnĕtrix, hŏmo hŏmĭnis, dīvus, vŏlūptas, il che ci permetterebbe di definire la quantità di tutte le sillabe del verso in questione:
Aē-nĕ-ă-|dūm-gĕ-nĕ-|trīc-shŏ-mĭ-|nūm-dī-|vōm-quĕ-vŏ-|lūp-tās
Aēnĕădūm gĕnĕtrīx hŏmĭnūm dīvōmquĕ vŏlūptās
- Ma potremmo utilizzare anche un criterio metrico, che spesso si rivela più spedito, risparmiandoci la seccatura di dover consultare il vocabolario. Nel caso nostro, per esempio, potremmo risolvere il problema semplicemente ricordando che il verso che stiamo analizzando è costituito da un esametro dattilico:
ˉˉˉ˘˘ˉˉˉ˘˘ˉˉˉ˘˘ˉˉˉ˘˘ˉˉˉ˘˘ˉˉ˘
Supponiamo di aver stabilito la quantità delle sillabe chiuse o contenenti dittongo, ritornando alla forma stabilita senza consultazione del vocabolario al punto 3.2:
Aē-ne-a-dūm ge-ne-trīx ho-mi-nūm di-vōm-que vo-lūp-tās
A questo punto potremo confrontare questo risultato con lo schema dell'esametro. Osserveremo quanto segue:
* * *