Il termine iato indica l'effetto fonetico prodotto dall'incontro tra la vocale finale di una parola e la vocale iniziale della parola successiva.
Nella letteratura greca, sia in poesia che nella prosa, lo iato è considerato come un fenomeno sgradevole all'ascolto ed è tendenzialmente evitato con espedienti di vario genere: elisione (quando possibile), aggiunta di particelle di scarso peso semantico che consentono di separare le vocali in iato, disposizione delle parole in ordine opportuno. La frequenza dello iato in ambito poetico è molto variabile: piuttosto frequente nei poemi Omerici, è quasi del tutto assente nel teatro tragico. Sarà facile constatarlo aprendo una delle pagine di questo sito contenente i testi dell'epica o della tragedia (es. Omero, Iliade libro I oppure Sofocle, Antigone), selezionare Iati nell'ambito del selettore Altre ricerche e cliccare sul pulsante Avvia ricerca.
Nel linguaggio dell'epica omerica, frutto di una lunga evoluzione orale, la presenza dello iato è spesso determinata dalla caduta di consonanti originariamente presenti nella recitazione orale e gradualmente scomparse dall'uso. In tal caso si parlerà di iato apparente. Per esempio il v. 7 del libro I dell'Iliade
♫ Ἀ⁻τρε˘ΐ˘δη⁻ς τε˘ ἄ˘να⁻ξ ἀ⁻νδρῶ⁻ν καὶ⁻ δῖ⁻ο˘ς Ἀ˘χι⁻λλεύ⁻ς(Hom. Il. I 7)
contiene uno iato apparente tra τε e ἄναξ; siamo certi infatti che prima del verificarsi della caduta di digamma la parola ἄναξ era pronunciata Ϝάναξ, il che impediva il verificarsi dello iato.
Va osservato che spesso la presenza di iato non apparente si accompagna, soprattutto nell'epica, al fenomeno dell'abbreviamento metrico, detto appunto abbreviamento in iato.
Nella poesia latina lo iato si verifica piuttosto raramente dato che l'incontro tra vocale finale di parola e iniziale di parola successiva è quasi sempre evitato dall'elisione o sinalefe. Normalmente, ma non sempre, lo iato è segnalato nelle moderne edizioni dei testi poetici latini mediante la barra verticale | collocata tra le due parole interessate.
Esempio:
♫ pōsthăbĭtā cŏlŭīssĕ Sămō: | hīc īllĭŭs ārmă (Virg. Aen. I 16)