La cosiddetta Coppa di Nestore costituisce un documento di importanza assolutamente straordinaria.
Si tratta di una κοτύλη (=tazza, scodella), scoperta nel 1955 dall'archeologo tedesco Georg Buchner a Lacco Ameno (Ischia, che i Greci chiamavano Πιθηκούσσα). Faceva parte del corredo funerario della tomba di un bambino di circa dieci anni. La data di produzione dell'oggetto si può fissare con sufficiente certezza ed approssimazione alla seconda metà del secolo VIII a. C.
Su un fianco della coppa è leggibile, nonostante qualche lacuna, una iscrizione metrica sinistrorsa: l'orientamento dei segni procede cioè da destra verso sinistra, analogamente a quanto accade nelle iscrizioni etrusche. Il contenuto, a parte qualche dubbio marginale, è interpretabile con sufficiente chiarezza. Nel primo rigo, costituito da un trimetro giambico acefalo, è formulato un apprezzamento positivo nei confronti della coppa di Nestore: quella di Nestore è certamente una coppa da cui si beve bene. Si tratta certamente di un riferimento ad un episodio omerico (Iliade, XI, vv. 631-636) in cui veniva descritto il δέπας del vecchio Nestore di Pilo: oggetto ben più importante, se non altro per le sue dimensioni, della coppa proveniente da Ischia.
Ma l'iscrizione continua nei due righi successivi, costituiti da due esametri dattilici di buona fattura, con un'affermazione in cui si rivendicano le qualità. . . afrodisiache di questa coppa, pur così modesta per dimensioni e fattura rispetto a quella descritta da Omero: ma chi berrà da questa tazza subito sarà colto dal desiderio di Afrodite dalle belle corone. Naturalmente si tratta di una iscrizione beneaugurante il cui contenuto ben si adatta ad una destinazione simposiaca quale poteva essere quella dell'oggetto in questione.
L'importanza di questo documento è data dal fatto che si tratta della prima attestazione in nostro possesso dell'uso dell'alfabeto nel mondo greco. In epoca micenea i Greci avevano utilizzato una forma di scrittura sillabica, in cui ciascun segno indicava un suono costituito da una sillaba: si tratta della cosiddetta lineare B la cui decifrazione portata a termine dall'architetto inglese Michael Ventris nel 1952 ci ha permesso di conoscere alcuni aspetti della lingua greca e della società micenea risalenti ai secoli XIV-XII a. C.
Ma l'uso della lineare B fu interrotto bruscamente nel corso del XII sec. a. C. con la fine della civiltà micenea. Iniziò così un lungo periodo in cui nel mondo greco mancò qualsiasi forma di scrittura, periodo che poi coincide con i secoli in cui nacque, sotto forma di poesia orale, l'epica omerica. Allo stato attuale delle nostre conoscenze questo periodo si chiude proprio nel corso dell'VIII sec. a. C.: se in una zona relativamente periferica del mondo greco quale doveva essere Ischia è attestato l'uso della scrittura alfabetica in una data prossima al 735 a. C., oltretutto per scopi non immediatamente pratici, si deve supporre che l'alfabeto si fosse diffuso nel mondo greco già da qualche decennio.
L'alfabeto greco è frutto di un adattamento dell'alfabeto fenicio alle esigenze specifiche della lingua greca. Probabilmente non conosceremo mai il nome di chi riuscì a realizzare questo geniale adattamento.
Per valutare l'importanza di questo documento tieni presente che si tratta della prima attestazione dell'uso di uno strumento che in seguito, con qualche ulteriore adattamento, fu utilizzato dagli Etruschi e dai Romani. Come dire che si tratta del primo documento in nostro possesso attestante l'uso della scrittura alfabetica nella storia della nostra cultura occidentale.
Νέστορος μὲν εὔποτον ποτήριον
ὃς δ' ἂν τοῦδε ποτηρίου αὐτίκα κῆνον
ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης